Non era stolto ed improvvido quel seminatore, stava correttamente usando le tecniche conosciute all’epoca di Gesù e Gesù raccontava di lui quel che vedeva. Il contadino seminava e poi con un rudimentale punteruolo arava, erpicava, faceva in modo che quella poca semente sparsa comunque e ovunque potesse germinare.
Così Gesù racconta di un seminatore, strano per i nostri concetti economici, basati sul massimo profitto, invece tipico e pratico per la sua epoca. Dio pratico che uscì a seminare la sua parolaseme in qualsiasi situazione di terra, di vita, di creato che è sempre progetto di Dio. Parabola vivificante.
Seminatore imperterrito, ostinato, caparbio, deciso solo a donare abbondanza. Sovrabbondanza. Nulla di più. Solo sovrabbondanza di semina continuata e continuativa. Seminava. Seminava seme che comunque sarebbe nato. Che nascerà. La certezza di Dio è che ciò che cade dalle sue mani, ciò che dalle sue mani è sparpagliato nel terreno comunque nasce. Ed è bene.
Parola creatrice. Àlzati e va‘. Germina e vivi e cammina anche nell’aridità, anche nelle fugaci e stagionali ed emotive ed improvvise situazioni di piacere, anche tra gli spini delle soffocanti malate società. Germina e vivi perché il poco che nascerà nel bene delle fertilità sarà l’abbondanza dell’amore che perdonerà tutto il precedente.
Seme che germina in fasi e situazioni differenti, sbagliate, aride, preoccupate, spinose, sassose e fertili. Seme che gettato dalle sue mani sceglie sempre la bellezza di nascere. E quando arriva a cadere nel terreno buono è parte potente che produce fino al centuplo.
Parola che moltiplica la vita.
Per raccontarci questo prodigio Gesù usa la parabola. Elementi agricoli, rurali che parlano a me, si collocano nel mio vissuto per me. Non è vero che la parabola non è capita e che viene raccontata per non far capire. È vero il contrario che la parabola mi è raccontata perché nella fede io comprenda, veda e ascolti le meraviglie che il Signore ha operato in me.
“Fides quaerens intellectum” dice s. Anselmo d’Aosta, la fede ha bisogno della comprensione e questa accade nell’umiltà dell’ascolto di un racconto, la parabola appunto, semplice e rustico. I poveri capivano, i poveri capiscono. I poveri comprendono la fede. Umiltà che si fa intelligenza dell’ascolto.
Parola ascoltata.
Seme che porta dentro la potenza fragile e docile dell’umiltà di Gesù. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù scrive Paolo ai Filippesi. “…due fugaci, ma importanti osservazioni. La prima ci ricorda che questa fondamentale lezione di umiltà non annulla né la grandezza di Cristo, né curva nel nulla la nostra pochezza. L’umiltà è una attitudine morale che non distrugge i valori ai quali essa si applica; essa è una via per riconoscerli e per ricuperarli (Cfr. Phil. 2, 9 ss.; Eph. 3, 2; Matth. 23, 12). La seconda presenta un confronto fra la mentalità cristiana, tutta imbevuta di umiltà, e la mentalità profana che non apprezza l’umiltà, e la giudica come offesa alla dignità dell’uomo, come criterio debilitante al volontarismo creativo dell’uomo, e come, al più (come già gli Stoici), una saggezza rassegnata alla mediocrità umana.” (s. Paolo VI)
Non “conviene” spiegare la parabola, elemento importante è comprendere che essa “viene” gettata coll’insistenza sullo spreco, sull’insuccesso, sulle prospettive deludenti: riflette la realtà del mondo in cui il male appare molto più forte, più efficiente del bene. Croce quotidiana. La dinamica interna della parabola sottolinea il progressivo incalzante strapotere del male come sordità alla parola: il seme non spunta, quello che spunta non cresce, quello che cresce è soffocato.
Ma il crescendo arriva all’acme quando poco seme cade nel terreno buono e si moltiplica. Terreno buono lo scopri dopo aver camminato lungo la strada (aridità e crescita), inciampato nel terreno sassoso (cadute e rialzate), divenuto adulto tra i rovi (lottato contro le ingiustizie e le menzogne). Allora non categorie di persone o di situazioni, ma passaggi esistenziali, disposizioni intime che aiutano a trasfigurare il male centuplicando il bene.
Continuamente seminava, incessantemente il semeparola cade per vivere.
XV domenica del tempo ordinario (a)
16.07.2023
Dal Vangelo secondo Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Parola del Signore.