Tre parabole per la pazienza da vivere come propulsore di speranza attiva. Seme buono seminato che produce campo di grano buono, seme piccolo di senape che sviluppa un albero, farina impastata con lievito finché giungerà a sviluppare una grande massa.
Queste parabole sono intrise di gioia e di speranza, bellezza della bontà, piccolezza che diviene grandezza di accoglienza, pienezza di levitazione: accorgersene significa fare proprio lo sguardo di Dio e l’operatività di Dio che crea dicendo sempre che ogni cosa da lui creata è buona e l’uomo e la donna sono cosa molto buona (cfr Gen 1); Dio che dice sempre che ciò che esce dalla sua bocca è grazia su grazia (Gv 1,16).
Gioia e speranza sono rivelate nell’abitare la pazienza, abitare il regno dei cieli, dimorare nel cuore pensante (E. Hillesum) di Dio: lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura, la pazienza in azione che rivelerebbe la similitudine con Dio. Il regno dei cieli abitato dalla pazienza dell’amare la differenza, attendendo con pazienza appunto che tutto cresca, maturi, aumenti, lieviti. Si converta.
Ma a questo sguardo pazientemente creativo troppe volte si preferisce una cecità distruttiva ed immediata.
Seme buono gettato da un uomo perché il suo campo, il mondo ed il creato tutto, abbia la bontà come costitutivo della sua essenza. Bontà essenza di Dio, seme nell’uomo. Umanità seminata per la bellezza, per la bontà della vita. Verità d’essenza e pazienza in azione “questo organismo di carne, di appetiti, di desideri, di pensieri, di cui sento perennemente l’oscuro lavorio è un laboratorio vivente: ecco dove deve formarsi la mia scienza della vita” (M. Blondel)
Ma al risveglio, cioè all’ingresso nell’adultità della vita, a germinazione avviata e in procinto della raccolta –crebbe e fece frutto– ci si accorge che alla bontà si avviluppa dentro e fuori la zizzania. Da dove viene la zizzania? è la domanda tragica ed urlata da sempre quando l’uomo davanti al dolore, al male, al maligno non sa che rispondere con: perché?
Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! scriveva Paolo ai Romani (7,21-24) e si domandava perplesso.
Perché alla bellezza della bontà di un seme, sempre sparso, sempre gettato, sempre inoculato nel creato tanto male intorno? Vorremmo estirparlo subito e con rabbia e vendetta, immolando al totem della verità della legge il nemico. Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. L’uomo e il suo nemico, sé stesso.
Grano buono -sguardo e volontà di Dio- zizzania -sguardo cattivo e volontà umana- e la parabola a dirci no perché non succeda che il grano buono -l’umano nella sua congenita somiglianza a Dio- venga distrutto, quando per tutti gli scandali cioè per le cadute sembra aver perso irrimediabilmente questo splendore.
E il padrone pazienta. E la senape cresce. E la donna attende finché non fu tutta lievitata. La pienezza della vita che attraversa tempi e giorni e notti. Diacronia della salvezza. “E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma, nella tua misericordia, a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare. Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza e per mezzo dei profeti hai insegnato a sperare nella salvezza. Padre santo, hai tanto amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unigenito Figlio come salvatore.” (Prefazio preghiera eucaristica IV)
Il buon ladrone in extremis, già crocefisso e morente, si accorge di questo “intervallo” tra la bellezza del suo essere seme buono e zizzania, quasi incarnati insieme, tra le sue cadute e la pazienza di Dio. E abita il paradiso.
Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme.
XVI domenica del tempo ordinario (a)
23.07.2023
Dal Vangelo secondo Matteo 13,24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?. Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo!. E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.