L’altro sbaglia, pecca, fa cose brutte e io dovrò perdonargli? Settanta volte sette? Fino all’infinito? Vedi Pietro il perdono ha a che fare con la pazienza. Un uomo continuando a sbagliare può addirittura contrarre un debito incommensurabile di diecimila talenti (ventidue miliardi di euro), il padrone buono continua imperterrito a dargli credito: lascia che il servo possa liberamente accrescere nella decrescita del peccato.
Questo è Dio. Al punto che ci chiediamo perché il male? Perché la shoah? Perché la nakba? Perché gli sbarchi con i bambini che già naufragano mentre nascono? Perché gli stupri? Perché la guerra? Perché Dio lascia crescere il debito dell’uomo? Perché l’uomo continua ad essere “nonumano”? Perché il disumano ha il sopravvento?
Vorrei non essere banale, purtroppo lo sono, nella risposta. Il vangelo ci indica una possibile soluzione al male, al nonumano: rispondere al bisogno dell’altro che ti chiede di rinnovargli nella pazienza il debito di cento denari (cinque euro!). Un’inezia è la prova dell’attenzione che tu hai al bisogno di vita dell’altro. Briciole che salvano, ci aveva già insegnato la pagana Cananea. Inezia che scatena il paradiso in terra.
Miliardi di debiti di giustizia, accumulati per la pazienza di Dio al traguardo di un condono per la remissione di cinque euro. Questo è Dio, il Dio di Gesù di Nazaret, talmente divino da rendere l’uomo umano. Il Dio quale siamo stati battezzati, immersi in questo perdono, talmente bello da rimanerne storditi. “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo” quante volte lo ripetiamo in un giorno, nella vita, e quante settanta volte sette non lo facciamo.
Il padrone-padre-paziente e clemente imperterrito continua a perdonarci e noi bellamente continuiamo a non perdonare la necessità di vita del fratello. Di questo si tratta: prendere coscienza che, per divenire discepoli credibili, l’altro è fratello, il mio fratello, per cui “non posso non devo non voglio” (s. Paolo VI) prenderlo per il collo e soffocarlo. Atrocità scatenate dall’ancestrale egoismo di Caino che si risolve solo e solo se condono il nulla rispetto al mio essere tuttopeccato.
Miliardi di ingiustizie sanate dall’abbraccio al mio fratello. Dio ha compassione di me e mi condona: nessuna condanna mai se non la minaccia di non conoscere la gioia dell’amare nella quotidianità. Ed io nel mio non compassionevole ascolto del bisogno, condanno, faccio incarcerare, escludo, scomunico, torturo, elimino. L’inferno sono gli altri sentenziava Sartre.
Allora l’ira di Dio si accende: come puoi uomo essere così distante dal tuo fratello? Perché riducendoti in questa non-umanità pretendi che Dio risolva le miserie degli altri che tu stesso hai provocato non rimettendo una briciola?
Quante volte fanno settanta volte sette nell’amare di Dio la sua creatura più simile a lui, l’uomo? Settanta volte sette, Pietro, fanno la vita eterna. Il vangelo ed ogni uomo vedrà la salvezza. Perdonagli la vita e vivrai di fedeltà.
XXIV domenica del tempo ordinario (a)
17.09.2023
Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Parola del Signore.