purificazione rituale

Oggi la liturgia, attraverso il vangelo dell’infanzia di Gesù, pone alla riflessione della coscienza il concreto mistero della crescita umana e conseguentemente delle relazioni famigliari ad essa afferenti. Relazioni che portano il peso di sofferenza e gioia saldate tra loro, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti. Ogni uomosintesi di caduta e risurrezione. E questo avviene ordinariamente dentro alle relazioni originarie: la famiglia. Anche quella di Nazaret, nella sua unicità di composizione e complessità -la vergine Maria, il padre legale, il Figlio dell’uomo Figlio di Dio- vive dinamiche di norme convenzionali e di provocazioni e distorsioni del potere (censimento, assenza di alloggio) ma possiede un tratto peculiare: vive dentro la Legge del Signore. Una famiglia che nella sua verità fondativa struttura le scelte a partire da un secondo la Legge del Signore e per questo trova, nell’osservanza modesta di una norma sanitaria –purificazione– e povera –una coppia di tortore o due giovani colombi- il senso al proprio presente ed al proprio futuro. Semplicità di vita, povertà come stile, scelte comuni e condivise –Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme-, rendono la famiglia di Nazaret luogo sinergico divino e umano. Si direbbe teandrico. Ad accorgersene di questo sono due persone Simeone, uomo che aspettava ed Anna, una vedova di ottantaquattro anni che nella ripetitività del servizio seppe accorgersi di un Dio bambino. Due anziani, che la storia della salvezza ha voluto, innanzitutto per dirci che non c‘è mai nella vita un tempo senza visioni profetiche, senza futuro, senza speranza, senza grazia (significato del nome Anna). Anzi, si è profetici proprio quando l’asfittico mondo delle tradizioni che non lascia spazio al nuovo, lo si interrompe, lasciarsi interrompere da Dio (D. Bonhoeffer). Un uomo e una donna, non sacerdoti, laici, per dirci che la fede è vissuta in egual portata e rilevanza sia al maschile che al femminile. Per dirci che anche nelle piccole regole, vissute fuori da protocolli di liturgie angelicate –lo accolse tra le braccia…digiuni e preghiere al tempio– abita la grazia di Dio. Si vede, si tocca la grazia di Dio apportatrice di salvezza (Tt 2,11). Beati i puri di cuore vedranno Dio (Mt 5,8). Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose, (in)preparati come ogni persona umana a riconoscere immediatamente la presenza di Dio nella propria vita, ma nutriti di cordialità tra di loro e con i due anziani sviluppano lo stupore come ambito necessario per educarsi ed educare alla conoscenza del mistero di Dio. (In)preparati anche noi per comprendere che la fede ha necessità di mediazione, di crescita, di ricerca, di carità per servire l’altro, ma non incapaci a stupirci di ciò che la vita di relazioni, dal neonato all’anziana ultraottantenne, ci riserva, ci dona gratuitamente. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui, il Figlio di Dio cresce in questo ambiente. Dio incarnato in Gesù sceglie la via umile della crescita umana, la lentezza educativa, la capacità e la propensione allo stupore e alla meraviglia finanche davanti alla cattiveria di alcune incredulità religiose e non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,5-6). Crescere in età e grazia è forse crescere nello stupore della umana vicenda, che, a volte, si fa chiusura anche (proprio) in nome della libertà religiosa, anche (proprio) in nome delle religioni che dovrebbero servire l’uomo ed invece dall’uomo sono servite e lo schiavizzano. Crescere nell’età della grazia è forse allora togliere il velo a ciò che mantiene l’uomo nella condizione di suddito. È attivare la grazia. Crescere nell’età della grazia è forse crescere nello stupore che si può vivere altrimenti la vita: la famiglia di Nazaret ci educa a comprendere, attraverso la sua “alternativa” composizione, che nulla dovrebbe essere determinato da logiche di convenzioni, che tutto nella vita è sinapsi di sofferenza e gioia, di cattiveria –una spada– e salvezza, di osservanza –Gerusalemme– e autonomia dal tempio/religiosità -Nazaret-. Insomma la vita vissuta da Giuseppe, Maria e Gesù è modello universale di libertà nell’accoglienza delle contraddizioni della vita e renderle grazia.

domenica
fra l’ottava di natale (b)
s. famiglia di gesù, maria e giuseppe
31.12.2023

Dal Vangelo secondo Luca  Lc 2,22-40
 
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.