in luoghi deserti e venivano a lui da ogni parte

Gesù rimaneva fuori, rimane fuori come se fosse escluso da ciò che è aggregazione, da ciò che è recinto (presbiterio, cortile dei sacerdoti, tempio…). Gesù rimaneva fuori, emblematico l’imperfetto quasi a dire che Gesù rimane ancora oggi fuori, quasi fosse come fosse lui un contagioso lebbroso. Capovolgimento di Dio. Dio capovolto, dagli altari ai luoghi deserti, apparentemente vuoti invece pieni di vita. “Lebbra, paura della “morte civile”. La diagnosi di lebbra comportava l’emarginazione dal mondo dei sani, una irreversibile segregazione. Il lebbroso anticipava in vita la decomposizione propria della morte; però non induceva paura di morte, ma ribrezzo. Il corpo corrotto del lebbroso induceva ribrezzo verso chi, seminando il contagio, era detto meritare, come talora accadeva, di essere arso vivo quasi si trattasse di incenerire un cadavere” (G Cosmacini). La lebbra era “la figlia primogenita della morte” (Gb 18,13). Quindi paradossalmente tenere in luoghi deserti Dio lontano dai religiosi simposi, mentre i cercatori lo inseguono, i cercatori, anche se contagiosi e “non purificati”, lo incontrano e lo riconoscono possibilità (sempre nuova, immediata e certa) di salvezza. I cercatori di Dio scoprono Gesù nelle aree periferiche dove abita la carne malata della persona umana. Qualsiasi persona in qualsiasi deserto esistenziale. Lui si fa trovare. Lui abita lì. Ma il deserto mi fa paura, preferisco l’assembramento della movida, della rambla, della piazza, della corte dei miracoli. “Show must go on” (Queen), lo spettacolo devo andare avanti e l’abbiamo sentito ripetere fino alla nausea in questi giorni di sanremese omogenizzazione. Trattori e guerre, canzoni e disimpegno, fiori e armi. “Dobbiamo divertirci e nessuno può impedircelo” dalle interessanti ed ideologiche interviste ai tavolini dei bar all’aperto. I non-luoghi del disimpegno potranno (possono) diventare i luoghi dell’impegno? E per non far torti, anche una certa deriva ecclesiastica si impantana nei non-luoghi dell’eccesso. Domande ricorrenti da sacrestia: quanti ne avevi all’ultima “funzione”? quanti ci hanno seguito su youtube? Rispondo: tanti, allora valgo e sono un religioso influencer, pochi, allora non valgo…Eppure il vangelo di questa domenica mi parla di lebbra, di segregazione sociale, di stigma per un verso e di deserto per l’altro. L’uomo segregato e Dio nel deserto. L’uomo che cerca l’agognata significativa e guarita libertà e Dio che, per la strada verso il deserto della scena, incontrandolo gliela dona. Senza biglietto senza audience senza applausi. Sulla strada, dice e afferma p. Francesco, abita Gesù. Cosicché il peccaminoso lebbroso -secondo i benpensanti-, colui che è l’anticipo della putrescente morte, abita la strada, un po’ perché non poteva che abitare la strada ed un po’ perché forse aveva capito che solo incontrando la salvezza per la strada si trova la vita reintegrata e salvata. La strada, deserta o affollata, è tabernacolo della presenza di Dio. I quartieri aperti delle periferie metropolitane, chiusi dalla violenza ed indifferenza umana, diventano i tabernacoli in cui è declinata la santità grande di donne e uomini come: Teresa di Calcutta, Francesca Cabrini (U.S.A.), Dorothy Day (U.S.A.), Peppino Diana di Casal di Principe, Pino Puglisi di Brancaccio, Desmond Tutu (Sudafrica), Mahatma Gandhi, Damiano de Veuster…La desertificazione imposta dall’indifferenza e dall’odio (fascista) politico-sociale-religioso diviene per gli uomini di buona volontà, quelli amati dal Signore, epifania di salvezza. La lebbra, etimo greco di squama ma dalla cui stessa radice verbale scaturiscono parole come libertà-libero-liberare-liberazione, labbra, labaro, alla luce del vangelo di oggi ci richiama ad un’attenzione nuova a tutto ciò che è corruzione di relazioni e come possa diventare libertà di accoglienza e di civiltà. Con le labbra annunciare il silenzio d’amore che offre la guarigione da ogni stigma. Issando il labaro della differenza come opportunità d’incontro con Gesù, il Dio della consolazione attivata. Gesù il Dio che si lascia sporcare per pulire la nostra vita. Divina liberazione. Divina presenza di verità: l’umano incontra il suo simile e lo ama. Toccandolo.

domenica VI tempo ordinario (b)
11.02.2024

Dal Vangelo secondo Marco  Mc 1,40-45
 
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore.