Care e cari non-venditori di macelleria sacra, care e cari non-cambisti di valute sacre, oggi nella III domenica di quaresima la liturgia ci offre la possibilità di riflettere sul senso profondo del sacrificio. Il sacrificio come fondamento teologico del sacro e di ciò che, il sacro, possa conseguentemente manifestare. Mi conoscete ormai e mi capite, a volte sono travolgente nel linguaggio ed oggi sarà così. Pensate che Gesù addirittura fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori. Non arriverò a tanto. Quanto ci imbarazza o forse ci indispone questa “violenza” di Gesù. È comune l’immagine edulcorata di Gesù, parecchio disincarnata, permanentemente sereno, sorridente e non virile. Ma cos’ha scatenato tanto furore in Gesù. Animali da squartare usati per aggraziarsi la benevolenza divina e cambiamonete a trafficare gli interessi di Dio. Come se l’eterno avesse bisogno di sangue per abbeverarsi della vita del creato -demoniaco Dio!?-. Come se l’eterno avesse bisogno di monete per pagarsi l’onorario per la sua benevolenza -borsistico Dio!?-. In più là seduti a mostrare l’autorità prepotente del danaro anche sul sacro, anzi a finanziare il sacro. Mi ha sempre colpito, fin da ragazzo, che universalmente la banca sia indicata dalla cartellonistica stradale come un tempio. In “Mary Poppins” di Disney del 1964, in cui i banchieri (barbuti e incanutiti) presidiavano perennemente la banca-tempio, certo fa sorridere, ma ci interpella al tempo stesso, può essere il tempio della fede nel Dio invisibile reso tempio del visibile dio denaro/mammona? Zelo, ardere, bruciare dentro, bruciare d’amore. “Dio nessuno l’ha mai visto è un versetto del vangelo di Giovanni (1,18) che ci mette di fronte a una verità universale dell’esperienza umana. Chi, infatti, potrebbe affermare di aver visto Dio? Ma se è così, come e dove possiamo incontrarlo, conoscerlo, entrare in comunione con Lui? L’evangelista Giovanni non ha dubbi: il Figlio Unigenito, è lui che lo ha rivelato. È dunque nella vicenda storica concreta di Gesù che possiamo vedere all’opera Dio, così come egli veramente è, oltre ogni immaginazione dell’uomo, oltre ogni travisamento. In Gesù si svela infatti la grandezza divina, ma una grandezza che, a differenza di quella che gli uomini sono portati a raffigurarsi, è fatta di amore, di servizio, di umiltà. Tutta la vita di Gesù, i suoi incontri, le sue parole, le sue scelte, sino a quella finale della morte in croce, irradiano carità e ci dicono che Dio è fatto così, che in Lui non dobbiamo immaginare nessun’altra intenzione che quella dell’amore.” (B. Maggioni, Dio nessuno l’ha mai visto) C’è da arrabbiarsi e Gesù, sì, si arrabbia e fustiga chi non trasmette questa immagine di Dio. Noi siamo la sua immagine: vera se impariamo a stare nella nostra nudità fisica e spirituale; mentre la falsifichiamo, perdendo quindi la somiglianza a lui, quando, autorivestiti di potere, facciamo dell’uomo e quindi di Dio una merce da barattare al mercato. L’uomo reso schiavo dall’interesse economico-finanziario di un altro uomo. Dio reso schiavo dall’interesse di mercato del dio denaro. Gesù lascerà che sia il suo sangue a fermare lo scempio di una macelleria sacra. Gesù ribalterà il banco di mercanti del sacro, sprezzanti la somiglianza di Dio all’uomo, ristabilendo ora il prezzo del riscatto di tale nobile somiglianza: l’amore. Crocifisso. Bruciare dentro fino al sepolcro. Rovesciando per costruire il regno. Resurrezione. A presto scoprirla e viverla.
III domenica di quaresima (b)
03.03.2024
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Parola del Signore.
