al banco delle imposte

Una parola, una proposta, un invito, un’indicazione, un comandamento, un imperativo: seguimi.
La deflagrazione di questa parola dinamica sovverte l’ordine precostituito della deriva legalista religiosa (e peccaminosa: era un pubblicano). Chiamato, un uomo, non il suo peccato, non il suo status, non il suo epiteto, non il suo ruolo: un uomo per seguire Dio che cammina nella strade ed entra nelle case.
La rivoluzione: non è la legge a fare l’uomo sano e giusto, ma è l’uomo malato e peccatore ad essere legge rigorosa del “misericordear” (p. Francesco). Si alzò e lo seguì: apodittica del perdono inespresso e anticipato. Prima di sedermi a tavola della comunione con Dio lui mi ha già saziato: di amore e di perdono, di comprensione e di consolazione. Cosa significa allora misericordia? Il sacrificio di chiamare l’uomo alla libertà oltre il suo peccato. Sanità divina.

venerdì XIII del tempo ordinario
04.07.2025

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,9-13

 In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».