Cos’è una parabola? Così abituati a sentirne parlare magari abbiamo perso il suo significato, allora per spiegarmi meglio ricorro alla Treccani che così ampiamente descrive:
«“collocazione di una cosa accanto a un’altra”, quindi “comparazione”, “similitudine”. Per essa un argomento per sé difficile e astruso viene chiarificato ravvicinandolo a uno più chiaro, desunto sempre dalla vita reale. … la parabola differisce dalla favola che mette sulla scena animali o esseri inanimati, dal mito perché questo nasce dall’inconscia immaginazione del popolo come personificazione di fenomeni della natura o della vita, e dall’allegoria perché questa altro dice e altro vuole significare e le è estraneo, per sé, l’elemento comparativo. … la parabola ha assunto nel Nuovo Testamento un valore più ampio. Essa è sempre una similitudine, ma assai più sviluppata e sceneggiata al punto da raggiungere le proporzioni di un racconto, a illustrazione d’una verità religiosa o morale. Si badi tuttavia che la forza probativa della parabola sta tutta e soltanto nel paragone fondamentale e che non conviene urgerla sino a ricercare il significato dei singoli personaggi e delle singole azioni compiute, sotto pena di non intenderne più l’insegnamento.»
E Gesù nella sua maestria dice: Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Non conviene urgerla, conviene viverla.
La maestria di Gesù che impara da ciò che attorno all’uomo del suo tempo c’è: pecore e greggi, fichi e vigne, pesi e orci, lievito e farina, pesci e reti, porci e mandrie, soldi e dracme, figli e carrube, frantoi e ulivi…
Ed insegna a noi ad osservare, ancora oggi, il creato intorno e scoprire la “similitudine” con la vita vissuta.
Oggi appunto è un’uscita -generale e generica, universale, non collocabile in un tempo preciso ed in uno spazio determinato- di un seminatore per una abbondante, illogica, disattenta, sbagliata semina.
Ecco il seminatore uscì a seminare…
Butto seme ovunque, lo butto via, lo getto scientemente per strada, nei rovi, nella terra non preparata e sassosa e poi poco, molto poco, solo quel poco che rimane in un terreno preparato. Economia fallimentare guadagno di Dio.
Perché di ciò si tratta, vedere nella perdita, essere nella perdita e altrimenti vedere ed avere il centuplo: redditività piena.
Capacità del discepolo di creatività come il Maestro Creatore: nulla può fermare ciò che lo Spirito di vita ha soffiato nella carne dell’umanità. Lo Spirito soffia anche su un seme che sarà rubato dagli uccelli del cielo o che germinerà solo per pochi istanti e nulla potrà separarci da questo eterno amore vivificante.
Pensati dall’Eterno per essere eterni anche se rapiti, anche se spezzati nel nascere…
Con le parabole Gesù non smette di insegnarci a saper attraversare ogni avversità; a saper attraversare ogni mare che sempre porta ad un’altra riva, diversa e opposta alla mia!; a saper cogliere la bellezza dell’oltre, nell’altrimenti delle chances che accadono e, proprio perché accadono, lette ed interpretate alla luce di una seminagione: stupida ed errata per gli stolti, sapiente e divina generatrice abbondante di novità di vita per Gesù.
Con le parabole ci viene donata ed insegnata una capacità immaginifica profetica, spirituale e sapienziale.
Capacità immaginifica potente di Gesù donata a noi, nella fede, per saper cogliere visioni e profezie nelle vicende lieti e tristi della vita. Ci vuole coraggio e volontà e Lui ci dice nella tempesta: coraggio sono io.
Nel seme perso c’è comunque, tuttavia e altrimenti Dio: seminatore di semi di grazia.
Capacità immaginifica del discepolo, che sa cogliere nell’imbuto delle incongruenze e delle crisi l’uscita della soluzione: qualcosa di filtrato e purificato, rinnovato dal ribaltamento di pietre tombali ed illuminato dalla luce pasquale. Nel seme morto c’è vita per altri, tutti gli altri. Ostinato Dio, tuttavia.
Capacità immaginifica attualizzata in profezie di riscatto e libertà, di giustizia e di pace: non miracolismo da passivamente attendere, non ire divine da placare, non conquistarsi divinità con punizioni, bagni sacri, autoflagellazioni, disumani korban (vedi vangelo di Marco) offerti a disumani dei. Ostinato Dio, tuttavia che ci dona la dignità di convertirci a Lui senza prove sacre.
Nella Pasqua la chiave di lettura della parabola: dove gli altri diranno tutto è finito, tutto è perso, la quasi totalità del seme è stata dispersa e non aspersa, lì ci sarà per i discepoli (noi?!) la possibilità di vedere un orizzonte nuovo, un mondo nuovo in cui nella dispersione di Dio ci sta la aspersione/benedizione di un dono di vita.
Nella morte la luce della vita pasquale.
Ma la Pasqua, il passaggio imprevedibile per vivere con coraggio e nel coraggio un cambiamento, lo sappiamo non accade in modo automatico e simultaneo attraverso le nostre catechesi, imprevedibile infatti; lo sappiamo non accade attraverso le nostre frequentazioni calendarizzate ai riti, imprevedibile infatti…
lo sappiamo il passaggio avviene in un guado -una crisi- in cui ci è chiesto di scegliere come saper attraversare; avviene attraverso una caduta in cui mi è chiesto di rialzarmi e continuare a camminare anche e ancora nel buio di una cecità -non capire pienamente ma fidarsi di una Parola-, come a Saulo prima della conversione. Il passaggio da non comprendere a comprendere Gesù-Dio avviene per risposta personale ad una grazia concessa per puro dono a vedere il bene in me, seme abortito.
Seme abortito che può ancora germinare e fruttificare.
Ma nonostante questa gratuita alternativa, la tentazione nostalgica di recuperare solo amarcord, di raccogliere solo e sempre poche gocce di latte versato, di trattenere in grembo più seme possibile e seminarlo solo in orti protetti e conosciuti è l’agguato perenne ed esperienziale per ognuno di noi.
Una tentazione, la tentazione per eccellenza che ci priva del presente di Dio e di Dio presente per vivere i passati dei morti. Una tentazione, la tentazione per eccellenza nostalgica ed avara che non ci lascia acquisire in pieno, non ci rende la piena proprietà di Dio che eccedendo in perdita sovrabbonda in vita.
Rielaborando la tentazione diventando proprietari di Dio.
Proprietari di Dio per rendere all’umanità interessi di grazia sovrabbondante.
Uscita senza ritorno, seminagione di Dio, gioia sparsa.
Buona domenica.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio,
il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna. (Cfr. Mt 13,19.23)
Alleluia.
Vangelo
Il seminatore uscì a seminare.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Parola del Signore.