Da dove viene la zizzania?

Buona domenica Amiche e Amici, abbiamo ancora ascoltato la Parola, che è sempre guida luminosa nella via della verità, e oggi ci guida e ci illumina attraverso altre tre parabole, parabole che rimangono sempre similitudini per la vita: grano buono e zizzania in coesistenza, piccolezza impercettibile di un seme di senape e maestosità di accoglienza di un albero, una presa di lievito invisibile ma che realizza un’esplosione di fragrante lievitazione.

Da dove viene la zizzania? È una domanda importante e subdola contemporaneamente: da dove viene il male ci chiediamo come fosse qualcosa di esterno a noi, invece di capire che non è qualcosa di esterno, ma qualcosa che appartiene al nostro vissuto quotidiano; è la nostra vita inscindibilmente arrotolata, avvolta, avviluppata bene e male; è la nostra vita chiaroscuro binomio di salvezza/bontà e di peccato/zizzania.

Ma allora chi ha seminato zizzania in me, in noi? Noi stessi…

Il Regno dei cieli, regno della vita animato dalla dirompente presenza dello Spirito, è inscindibilmente, inestricabilmente seme di vitale luce seminato in cuori carnali e perciò marcescibili, corruttibili, influenzabili…

Il seme di luce è la vita dataci, soffiò nelle sue narici un alito di vita; è la vita che germina, il Signore Dio piantò un giardino in Eden; è la vita che esplode in sentimenti di affettuosa intimità, erano nudi ma non è provavano vergogna; in sentimenti di conoscenza e scienza, così l’uomo impose nomi a tutto; in sentimenti di generatività, la chiamò Eva perché essa fu la madre di tutti viventi. È il racconto creativo e paradisiaco di Genesi che ci introduce nel misterium iniquitatis (mistero di ingiustizia): perché a tanta grazia corrisponde in misura sproporzionata una dis-grazia? Intreccio di presenza di bene –albero della vita– e di male –il serpente avviluppato nello stesso albero-.

Da dove viene la zizzania? Ed è simile al regno dei cieli.

Cosa ci accade, in alcuni particolari momenti della vita, per cui ci allontaniamo dalla bontà dell’amore? quali scelte facciamo? quali scelte non facciamo? quali voci ascoltiamo? quali incubi sonni dormiamo se, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò.?

La nostra vita è simile al campo seminato di buon grano, seme di vitale luce, e presenza coesistente, quando già crebbe, di zizzania, seme di tossica tenebra; forse i passaggi fondamentali della persona e fondativi la personalità -infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità- ci aiutano a comprendere che, nei passaggi appunto, ci illudiamo di crescere liberi, affrancandoci da relazioni solide e solidali: cercando autonomie impalchiamo instabili egoismi, zizzania appunto. Perdiamo l’uomo creatura, perdiamo il Dio creatore. Ci intossichiamo.

Da dove viene la zizzania? Ed è simile al regno dei cieli.

Forse questa semina è avvenuta durante una notte di torpore, un nemico ha fatto questo: cioè una notte in cui la non-scelta di un tradimento ebbe la meglio sulla scelta di una fedeltà, la notte dell’emotività prevalente sulla determinazione, la notte del non coraggio vieni Pietro e cammina sulle acque…s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò… (cfr Matteo 14, 24-32), la notte dei sogni rubati gli uccelli del cielo, la notte dell’asfissia i rovi crebbero (cfr vangelo di domenica scorsa), la notte del tempo prolungato dell’adolescere senza diventare adulto.

Il Signore disse allora a Caino: perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo. Così il Signore disse, sempre in Genesi, a Caino prima che quest’ultimo uccidesse. Un paracadute di coscienza ci è sempre offerto anticipatamente nella vita per evitare di infangarci in mefistofelici pantani. Il peccato è accovacciato fuori di noi, grano e zizzania, ma tant’è che lo introduciamo.

Ma tant’è che uccidiamo, noi stessi innanzitutto, la nostra dignità, la nostra rettitudine, la nostra libertà e poi gli altri.

Ma tant’è che nessuno tocchi Caino.

Ma tant’è che nella quadrimillenaria storia della salvezza -il prima e il dopo Cristo incarnato- Dio Padre, Lui stesso, non ci tradisce, non ci abbandona, non ci uccide, anzi: ci lascia crescere con la zizzania; ci lascia crescere con le scelte sbagliate. Ci lascia crescere con il peccato!? Sì, ma sottovoce. La zizzania/peccato è la nostra vita d’ombra e Lui ci sta accanto per illuminarla, senza ucciderla.

Con il nostro angusto limite ci lascia crescere… Pazienza di Dio, salvezza per l’umanità.

Da dove viene la zizzania? Ed è simile al regno dei cieli.

Le caratterizzanti similitudini della seconda e terza parabola ci aiutano a vivere il limite non come ostacolo ma come elemento di forza per la vita del discepolato: la piccolezza di un seme di senape, l’impercettibilità e l’evanescente scomparsa del lievito nella farina sono cifra appunto di un limite secondo il mondo ma non secondo Dio.

La piccolezza di un seme è la futura maestosità di un albero capace di accoglienza, in cui nidifica vita nuova, nidificano anche altre vite, nidificano anche altre vicende; la microscopica struttura del lievito sta ad indicarci la visibile presenza di moltiplicatori di vita nel nascondimento di un amore -l’amore è nascosto o non è- mescolato dalla sapienza femminile.

Sono piccolo nella relazione per cui l’altro sia accolto in un incubatore di vita? So dire, perché mi faccio piccolo, “ho bisogno” per cui l’altro cresca (vedi S. Giovanni Battista) nella testimonianza di un amore più grande, che a sua volta mi può donare? O sono già maestoso per cui l’altro impaurito fugge spaventato, travolto da un’incombente superbia?

Sono capace di nascondermi dentro amore (senza articolo, onnicomprensivo) per cui l’altro goda degli effetti -cura, pre-disposizione, tolleranza, paternità, maternità, riconoscenza dell’alterità, autonomia e interdipendenza-, senza la sottolineatura delle cause: “tutto quello che ho fatto per te”? Sono nascosto nell’agire amore? O sono asfissiante presenza nell’essere amante? O pubblico proclami TVB (ti voglio bene) a cui corrisponde solo possessività? E inoltre per me presbitero: pubblicizzo pratiche pastorali rigonfiate dal nulla o con le mani in pasta mi sporco di “domestica” femminile sapienza?

Ma tant’è alla fine la divina vicenda umana mostrerà la longanimità della misericordia: raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio. Nel grande campo della vita sviluppatasi tra bene e male, tra grazia e dis-grazia, tra dolcezza e tossicità avverrà la mietitura e, per pura misericordia, solo allora sarà bruciato il nostro male per abitare eternamente la carità (s. Paolo) che in tutti i modi, qui ed ora, cerchiamo di soffocare, per indifferenza.

Ed è simile al regno dei cieli. Gloria e peccato. Umanità possibile.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Mt 11,25)

Alleluia.

Vangelo

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,24-43)

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?. Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo!. E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Parola del Signore.

domenica XVI T. O.

19.07.20


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