Allora oggi ancora mi cerchi attraverso la parabola per indicarmi (Torah) la necessità filiale, due figli, di condividere con un uomo-padre-signore (Dio è questa meraviglia umana) la ricchezza operosa di lavorare nella vigna; mi indichi la bellezza del lavorare con Te per far sì che il raccolto lo godano altri.
La gioia sta nel dis-interesse del guadagnare il tuo lavoro.
Allora oggi ancora mi cerchi e mi ordini di andare va’ a lavorare nella vigna come figlio erede di un lavoro e non di un merito: erede del lavoro di misericordia.
La vigna immagine preminente nella cultura ebraica di dimora possesso e amore del Signore è la casa di Israele (isaia 5,7), è luogo del lavoro di Dio pianterò una vigna, luogo del lavoro dei patriarchi, luogo della gioia (cfr geremia 31,5), luogo dell’abbondanza profetica, luogo della speranza d’Israele, luogo del dolore di Nabot, del rifiuto di un figlio, dell’usurpazione dei vignaioli assassini e dell’assassinio del Figlio (cfr parabole evangeliche); la vigna diviene oggi per me il luogo della scelta: incontrare o rifiutare la prassi di pedagogica misericordia.
Quale dei due figli voglio essere per saper scegliere di abitare il regno adesso con le prostitute e i pubblicani, cioè abitare la illogica logica d’amore incommensurabilmente inclusiva?, perché questa è la volontà del padre mio che nulla vada perduto di quanto egli mi ha dato (giovanni 6,39).
cfr Mt 21,28-32
domenica XXVI settimana T. O.
dmc 27.09.20