trasfigurato

Cosa può significare oggi essere trasfigurato? Forse come allora potrebbe indicarci il cambiamento di sguardo sul mondo, sugli altri, su dio, su me stesso.

Cambiamento che, mentre indica il coraggio di fidarsi di scelte che, in un certo qual modo, sradicano da situazioni confuse li condusse su un alto monte dove l’orizzonte si fa più ampio e lo sguardo si rende più grande, introduce in dimensioni di pura amicizia gesù prese con sè. A contatto con dio. A contatto con gesù, stessa parola creatrice del padre, declinata per l’umanità in dialoghi con mosè la legge e con elia la profezia.

A contatto con dio, per percorrere strade elevate in cui legge e profezia integrandosi e contrapponendosi lascino l’esperienza unica ed unificante dell’incontro: non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

Cambiamento dialettico infatti attraverso la torah e la profezia. Torah, che in ebraico ha a che fare con il dito indice, ad indicare appunto, un percorso di libertà che segue la legge donata da dio a mosè, mentre i profeti sono quegli uomini e quelle donne che hanno “corretto” il dito atrofizzato che indicava, ahimè, solo la rigidità rigorosa della legge, per rindirizzarlo ad indicare il cuore dell’altro verso cui dirigere l’attenzione d’amore. Correggere per liberare quella libertà che dio per amore donò, ma che la durezza del cuore rinchiuse in precetti negando ogni naturale contatto tra gli uomini, come il sabato, e degli uomini con dio, come la sacralità deformata in lontananza da dio.

Rimangono sempre vive, nella loro scandalosa testimonianza, le due pagine evangeliche di luca e di giovanni: la donna che bagna con le lacrime lava col profumo e asciuga con i capelli i piedi di gesù, e maria di magdala che stringe con passione il risorto gesù, il quale le dirà non mi trattenere. Cambiamento profetico di culto. Dalla lontananza, peraltro della/dalla donna, alla vicinanza piena.

Così oggi come allora serve il cambiamento, metamorfosis in originale.

Cambiamento di prospettiva i tre apostoli vedevano gesù diversamente. Lo stesso uomo ma vestito di luce. Lo stesso amico che li aveva portati a salire (scelta di allontanamento dalla palude della consuetudine per avvicinarsi alla verità vivente) ora è parola ascoltata, ora è nube densa che parla. Quell’amico ha dio in sé.

Cambiamento di forma oltre il visibile, l’essenziale, la forma di dio: l’amore “questi è il figlio mio, l’amato”. Bisogna salire dalla pianura dell’indifferenza per vedere l’uomo vestito di luce, per vedere l’uomo nella pienezza della vita: la gioia. È bello per noi essere qui.

Cambiamento di paradigma tre tende per gli ospiti e vivere all’addiaccio solamente per contemplare. L’accoglienza che diviene stile esperienziale.

Cambiamento di relazionalità dello stare con, del nostro stare con dio. La residenzialità di dio in noi. Abitare un luogo, un alto monte, nella cui indefinibilità, nella cui indecifrabilità abita tutto il senso dello stare dentro alla vita: saranno (siamo) invitati a discendere nella quotidianità. Ri-discendere per fare l’esperienza concreta delle tentazioni, conosciute domenica scorsa, cioè di abitare lo spazio della vita.

La nostra società in continua ricerca di novità come riempimento di un vuoto affettivo, nel continuo cambiare profilo social come affanno per una inconscia paura di invecchiare, vive il cambiamento attraverso la non capacità ad abitare il quotidiano morire. Morendo all’egoismo viviamo il bene dello stare solo con gesù.

È bello per noi essere qui oggi? In questo tempo assoluto, sciolto dai molti legami, viviamo nella verità della resurrezione dai morti? Cioè morti nella vendetta risorgiamo nella bellezza?

Esistenza di bellezza nella trasfigurazione dello stare solo con dio. Dello stare solo con l’umana debolezza.

II domenica di quaresima – anno B

dmc 28.02.2021

Acclamazione al Vangelo

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dalla nube luminosa si udì la voce del Padre:

“Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!” (Cfr. Mc 9,7)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo

Questi è il Figlio mio, l’amato.

Dal Vangelo secondo MarcoMc 9,2-10

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. Parola del Signore


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