Sempre in continuità con domeniche scorsa, veniamo immersi nel “discorso sacerdotale” di gesù, durante e dopo la sua ultima cena.
La cena ed il discorso-testamento furono per gli apostoli la sintesi dei gesti e delle parole che il maestro e il signore gesù operò e disse nei tre anni che visse con loro. Sintesi di annuncio, di servizio, di cura, di speranza, di profezia, di accoglienza, di incarnazione. Mi piace notare che parola e cosa in ebraico sono lo stesso vocabolo “davar”: gesù, quando disse “vi ho detto queste cose”, forse intendeva sottolineare cha la sua parola è cosa, cioè sostanza tangibile che è da con-prendere nella vita.
Gesti che hanno cosificato l’amore sostanziale di gesù per i suoi, la sua parola si è fatta carne (cfr gv 1): quindi dov’è radicata la forza di questo amore? Nella debolezza di offrire sino alla fine una sostanza all’amore, all’amicizia: sostare, stare, rimanere dentro ad un rapporto. Un rapporto che fu basato sì su un’alleanza, ma quest’ultima fu disattesa dall’infedeltà da parte dell’amato, degli amati, lo tradiranno. Alleanza rotta eppure dio ci sta. Sta nella debolezza. Lo fece con il suo popolo, “quello dalla dura cervice” (esodo 32,9), ora lo fa con noi, anzi lo fa con l’umanità tutta.
Cominciare a credere al dio universale, al dio di tutti, renderebbe anche noi cattolici più coerenti, più credibili con il credo che professiamo: dal dio chiamato “padre nostro” allo sperimentare la paternità di un unico padre nella vita, attraverso la fraternità universale perché la si sente nella carne. Fraternità che ascolta ed osserva il comandamento universale dell’amarsi; perché sente fino alle midolla la figliolanza universale. Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. (ebrei 4,12)
Fratelli tutti in cammino per una richiesta unica la pace.
Non omologazione, non sincretismo, non irenismo, ma concretezza dello stare dentro ad un progetto di ampio ed universale respiro: abitare contemporaneamente con gli altri il mondo della vita.
Per questo è necessario un cambiamento di prospettiva da “una finanza ipertrofica” (p. francesco) ad un’economia modellata secondo l’uomo ed i suoi bisogni: l’amarsi. Lui amò così i suoi, al di là di ogni interesse se non quello della vita vissuta come dono. Questo fece sgorgare un’economia nuova nel primo e gran parte del secondo millennio: un’economia evangelica fondata sull’uomo e la sua vicenda. La chiamiamo “prima resurrezione”.
Non dimentichiamo s. paolo che, nella lettera a filemone, chiede a quest’ultimo di trattare il suo schiavo onesimo “non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore.” (fm1,16). Questa è resurrezione, questa è economia evangelica.
San francesco d’assisi rinnovò ulteriormente il messaggio evangelico di condivisione ideando il sistema bancario moderno, come ad esempio i monti di pietà.
Gesù ha amato i suoi e ci ama per come siamo mostrandoci la via per la ri-innovazione dell’amicizia mondiale pacificata. Questa fu ed è la consegna-testamento-comandamento nuovo di gesù: innovare la fede in una carità inclusiva, in una speranza evolutiva. Crescere nella pacificazione. Crescere nell’amare.
Gli altri stanno ad abitare il mondo con me contestualmente, me ne devo rendere conto, me ne devo fare una ragione (di vita, di discepolato): ho bisogno di operare il cambio di passo.
“Mè suskematìzesze (in originale greco, nota mia): non conformatevi alla mentalità di questo secolo (romani 12,2 nota mia). Così san Paolo sollecitava i fedeli a una vera metànoia, una conversione che comportasse un capovolgimento del cuore e della mente rispetto al modo di pensare prevalente nella società del tempo, quella pagana dell’impero romano. Jacques Ellul, filosofo e sociologo assai critico verso il capitalismo e la tecnocrazia, riteneva che il Vangelo fosse «sovversivo in ogni direzione».” (roberto righetto, da “avvenire” del 30/04/21)
Buona “sovversiva” domenica.
VI domenica di pasqua – anno B
dmc 09.05.2021
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. (Gv 14,23)
Alleluia.
Vangelo
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,9-17
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Parola del Signore