Occhi che vedono la pienezza della maturazione ovunque. Il regno di dio è la parabola viva della mietitura, cogliere adesso, in questo mondo di adesso la maturazione del creato. Secondo gesù non serve trasformare il mondo, ma trasfigurare lo sguardo su di esso. Il mondo come sempre maturo per essere raccolto da mietitori di grazia.
Nella pazienza sapiente e concreta dell’agricoltore, che attende la maturazione, si realizza e si manifesta la pazienza di dio verso il mondo “ribelle” che lui ha creato: non distrugge la sua bella opera, ma sa attendere la maturazione che è perennemente presente. In altre contrade del mondo. In un altrimenti visibile. Dio scrive parole nuove nei linguaggi diversi del mondo, negli ambiti diversi del mondo.
L’occhio della fede pura e senza macchia sa cogliere la presenza matura ed abbondante della grazia.
Il mondo e la chiesa non sono solo la affaticata storia locale, che percepiamo, in occidente, come debacle: il mondo e la chiesa di cristo –il regno di dio– sono le vie dello spirito aperte in altri continenti, in altre comunità. Che ampio respiro ci dona la pazienza di dio.
Oggi la chiesa europea o comunque occidentale sta vivendo un’epoca di pochezza spirituale, di svuotamento di senso, in continua polemica e tensione tra un passato aureo ed un “insignificante” presente. Colpevolizzando papi (si cominciò già oltre sessant’anni fa con giovanni XIII all’indomani dell’indizione del concilio) e magistero, politica e società.
Ancora oggi noi viviamo di scoramento e nello scoramento perché non sappiamo leggere questa crisi etica ed epidemiologica, questa carestia, come un simbolo di ridimensionamento. Non la sappiamo leggere come “il” simbolo costitutivo dell’essere discepoli di un uomo, che sì fu osannato e ricercato dalle folle al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte (mc 1,45); ma che concluse la sua esperienza di gloria (cfr vangelo di giovanni) sul golgota urlando l’abbandono ed assistito solo da alcune donne -c‘erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme- (mc 15, 40-41).
Nel riconoscimento del limite sta la capacità paziente di accorgersi che la seminagione abbondante è stata soffiata in altre parti del mondo. Senza invidia né delusione, né polemica, è la fantasia di dio fino agli estremi confini della terra (atti 1,8). Chiamerei trapianto di chiesa. Condivisione del dono.
Magari e forse ci siamo appisolati sotto a maestosi alberi -sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco– profetizza ezechiele nella prima lettura, convinti che la maestosità dell’albero ci proteggesse e la fortezza della nostra abitudine ci preservasse da ogni attacco nemico. Mentre abbiamo perduto la dinamicità della fede in cammino, della fede che incarna la verità della carità nella missionarietà.
L’essere divenuti stanziali, “nella mia parrocchia”, ci ha reso sfruttatori del terreno senza concimarlo con il letame della condivisione e del servizio. Vorremmo campi pieni da mietere senza averli coltivati.
Forse il signore ha scelto questa carestia per farci affamare ancora di amore, per farci smuovere dalle panche delle nostre chiese per stimolarci ad accorgersi che lui sta animando la sua chiesa sempre e altrimenti e che la mietitura è arrivata ed è oltre il mio naso. Oltre il mio albero maestoso di passato ormai sterile.
Il signore sempre ha scelto al contrario piccolezza e debolezza per manifestare la potenza della resurrezione, in ogni istante della storia, ed in questa debolezza e piccolezza sta l’abbondanza delle messi. La mietitura è arrivata al suo compimento.
Buona domenica
domenica XI – anno B
dmc 13.06.2021
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.
Alleluia.
Vangelo
É il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4,26-34)
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Parola del Signore.