Arrivavano i discepoli dal gongolamento del “successo” convinti di aver finalmente sfondato sull’arretratezza dei conterranei tutti mangiarono e furono saziati (Matteo 14,20): loro, i discepoli, e le folle avevano “sperimentato” Dio, potere assicurato e dominato. Invece senza capire Gesù che aveva sfamato per compassione non per populismo, per prossimità non per potere, per sviluppo integrale dell’uomo non per plagio, per dono non per convenienza, per commiserazione (misero con i miseri) non per vanaglorioso successo. “L’uomo non troverà la pace interiore finché non imparerà ad estendere la sua compassione a tutti gli esseri viventi.” (a. schweitzer)
Ma è necessario, per capire noi oggi il nostro discepolato, ricordare la dinamica degli eventi che i discepoli dell’epoca vissero: prima il voler congedare la folla -ignavia, incapacità, sconvenienza-, poi -dopo la divisione dei pani e dei pesci– il voler rimanere con la stessa per ricevere gli onori; ma Gesù invece li costrinse ad andare via da lì, anzi li costrinse ad attraversare il lago e veramente allontanarsi dal “palcoscenico”, Lui Gesù congedò la folla con lo stile di com-passione, non con il plauso e l’ovazione.
Non pubblicità della fede, ma esercizio di silenzio (esercizi spirituali!?) e di lotta addirittura li costrinse a salire sulla barca per andare sull’altra riva, cambiare luogo, andare oltre e psicologicamente cambiare sguardo allontanandosi da un “luogo comune” per vivere esperienze nuove in luoghi nuovi: conversione.
cfr Mt 14,22-33
s. teresa benedetta della croce (edith stein)
copatrona d’europa
domenica XIX settimana T. O.
dmc 09.08.20