grande è la vostra ricompensa nei cieli

Voglio vivere da coraggioso, voglio vivere da felice, voglio vivere da beato: adesso, ora e tu mi dici Signore di avere, per tutta questa mia volontà, la ricompensa nei cieli grande.

Ecco già il punto, la chiave di volta, la chiave di lettura vitale, capire che questa paga -ricompensa- non è uno stipendio in differita, non è un tanto quanto, ma è vivere al cospetto:

della povertà -piccolezza, debolezza, fragilità contro l’onni(in)potente delirio omicida-, bisogno di ogni altro da me bisogno di ogni cura ed essere cura, il ricco prende e non cura;

delle lacrime, capacità di compromettersi con il disagio;

della mitezza, nell’audacia di una violenza del contagio del bene, sapienza dell’imitazione a Cristo Gesù;

della giustizia, riscatto di dignità collocando l’amore fraterno davanti ad ogni scelta di vita;

della misericordia, nella capacità di intelligere (leggere dentro) nel quotidiano la miseria dei cuori;

della limpidezza del cuore, trasparenza di Dio nell’agire di ogni gesto, visione “Altissima” attraverso il piccolo nostro agire;

della pace, gustare la resurrezione nella banalità del male, nelle ferite inferte dal nemico la forza dello Spirito che salva e trasfigura;

della persecuzione, perché ami, nella verità, l’umanità senza differenziazioni di sorta senza ideologismi religiosi senza aggettivazioni venendo deriso ridicolizzato bullizzato;

questo è il regno dei cieli qui e ora. Vivere nell’adesso del regno ed è questa la ricompensa, lo stipendio della non-ricompensa: vivere sulla scorta di una gratuità retributiva, cioè gratificati dalla grazia di essere non disumani. Più che vivere al cospetto è vivere nella beatitudine di essere umano.

La beatitudine, fai capire Signore, non è posticipazione di ricompensa, alterazione del presente, mistificazione del reale, ma con te Cristo Gesù diviene alternativa possibile al male, all’odio, al fondamentalismo, al legalismo, insomma è alternativa sempre.

“Sono venuto per ascoltare, insieme con voi, le parole, forti e chiare, degli scomparsi, vittime della logica irrazionale e dissennata della barbarie omicida. Qui, dove la violenza si è scatenata in smisurata follia, essi invitano tutti alla solidarietà, alla comprensione, e ci assicurano che la vittoria definitiva sarà quella dell’amore, e non quella dell’odio; essi ci avvertono che quando si nega e si offende Dio, si nega e si offende anche l’uomo, abbassandolo a strumento dei propri capricci, delle proprie ideologie, dei propri progetti di potenza e di sopruso; essi chiedono che il loro dolore non sia stato inutile per la società umana, e che Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo vivano nella giustizia, nella concordia, nella pace, nel vicendevole rispetto dei diritti inalienabili della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (cfr gen 1, 26)” (s. giovanni paolo II, 1982 fosse ardeatine).

Non lasciamoci cadere le braccia, non ridicolizziamo l’impegno, non procrastiniamo la scelta, non riduciamo al mondo delle fiabe il vangelo, non ideologizziamo la fede -è il dono supremo di libertà personale e non dottrina (ideologia) di appartenenza-, riapprendiamo l’altissima vocazione ad essere uomini interessati all’uomo e non lupi (bestie) divoranti uomini (cfr t. hobbes), ricuciamo il tessuto sociale in un mirabile corredo di diversità, riappropriamoci della dignità della figliolanza divina (amati a prescindere), “l’uomo non troverà la pace interiore finché non imparerà ad estendere la sua compassione a tutti gli esseri viventi.” (a. schweitzer)

Così intensamente si esprimeva s. paolo VI circa la morte, non solo quella fisica bensì quella morale (indifferenza) “la morte, quale noi oggi la sperimentiamo, è dunque frutto del peccato: «stipendia peccati mors» (romani 6, 23). È un pensiero difficile da accogliere ed infatti la mentalità profana concordemente lo rifiuta. La negazione di Dio o la perdita del senso vivo della sua presenza hanno indotto molti contemporanei a dare del peccato interpretazioni, a volta a volta, sociologiche, psicologiche, esistenzialistiche, evoluzionistiche, le quali tutte hanno in comune la caratteristica di svuotare il peccato della sua tragica serietà” (1978 dall’omelia mercoledì delle ceneri).

Peccato che ci uccide qui ed ora e qui ed ora non ci lascia correre nella beatitudine di santità. Essere santi, avere il coraggio di lottare per il regno, significa assumere in sé la consapevolezza che nulla può fermare il desiderio di crescere nell’amore. Felice colui che nonostante tutto va avanti nella vita. Ama e amando odia il male. Beati voi.

solennità di tutti i santi

domenica XXXI T. O.

dmc 01.11.2020

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. (Mt 11,28)

Alleluia.

Vangelo

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Parola del Signore


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