benedetto il frutto del tuo grembo!

Benedire sempre l’altra (l’altro) e la vita che l’altra (l’altro) porta dentro a se stessa, porta dentro al mistero di se stessa. Elisabetta è capace di riconoscere la pienezza della presenza del Signore nel grembo di una ragazza.

Non chiede a Maria di chi è figlio il figlio che porta in seno, non le chiede come è successo, né quando, ma la benedice. Etica allo stato puro.

L’altra è “semplicemente” portatrice di vita, non importa come: è grazia in sé. Mi chiedo, specialmente nelle questioni che riguardano le giovani e le loro gravidanze come ci comportiamo nel sostenerle, nel condividerne il peso, nell’assicurarle nella solidarietà.

“I fedeli hanno bisogno di un intervento di Dio perché si trovano in una situazione penosa di disprezzo e di scherni da parte di gente prepotente. L’immagine che ora il Salmista usa è quella della sazietà: «Già troppo ci hanno colmato di scherni, noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi» (vv. 3-4). Alla tradizionale sazietà biblica di cibo e di anni, considerata un segno della benedizione divina, si oppone ora un’intollerabile sazietà costituita da un carico esorbitante di umiliazioni. Per questo i giusti hanno affidato la loro causa al Signore ed egli non rimane indifferente a quegli occhi imploranti, non ignora la loro invocazione, né delude la loro speranza.” (Benedetto XVI, catechesi sul Salmo 122, udienza generale, 15.06.2005)

Quanto fatico ad accettare la diversità essenziale e quindi esistenziale dell’altro. La sazietà della sofferenza e del disprezzo –dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: “Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini”.– (Lc 1,24-25) è davanti al cuore di Dio trasformata in vita, è nel cuore di Dio che vita germina.

Elisabetta nei giorni tolti alla sua vergogna, accoglie la cugina Maria nella sua maternità, senza se e senza ma. Questa è la capacità dei santi: condividere nell’altro la gioia della vita. Avere per l’altro lo sguardo gioioso sulla sua vita e ciò essa porta e comporta.

“Elisabetta, donna in attesa, incontra la donna dell’attesa perché si fidavano di Dio” (dom G. Carozza): fidarsi di Dio nell’a-tendere a ciò che è nascosto nel grembo: ciò che è nascosto agli occhi dell’indifferenza è sofferenza generativa. I bambini danzano.

Ormai a pochi giorni dal natale, in cui si manifesta incarnata (prende senso) la prossimità di Dio, portiamo nel nostro linguaggio quotidiano la benedizione all’altro. Elisabetta, così anziana, ci guidi alla giovinezza dell’accoglienza.

Buona domenica.

IV domenica di avvento – anno c

dmc 19.12.2021

Alleluia, alleluia.
Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola. (Lc 1,38)
Alleluia.

Vangelo
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-45
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Parola del Signore.


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