quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!

Pane in abbondanza per la bontà di un’emarginazione. Là sperperò tutta la sua sostanza (così in greco), cioè perdere tutto ed il tutto di se stesso: la sostanza di sé. Emarginazione e redenzione.

Il figlio minore muore di fame per le scelte di rifiuto di familiarità con gli altri, con se stesso innanzitutto, con suo padre, con suo fratello maggiore. Muore di fame nel porcaio della miseria umana. Rifiuta ed è rifiutato. Non come conseguenza, ma come scelta di abitare i “nonluoghi” (Marc Augè) della vita. Sopraggiunse in quel paese una grande carestia, in quel paese lontano in cui io e Te, convinti di autonomia, abbiamo cercato di stare: ed è fame. Di senso. Di vita. Di umanità.

Di senso. Di essere figlio. Mentre io qui muoio di fame, rientrò in sé rilesse il senso del suo essere nel mondo. Scoprirsi nel fallimento esistenziale “esserci per la relazione” (M. Heidegger): andrò da mio padre ricercare, anche se per (in)purissimo bisogno di sfamarsi, ancora l’origine del sé. Il padre. La relazione fontale. Il Tu e l’io in familiarità.

Di vita. Mi alzerò. Risorgerò per una differente possibilità. Anche i salariati hanno pane in abbondanza, nella casa della libertà dell’amare (il padre lascia partire il figlio minore senza se e se ma) tutto è trasfigurato da un’economia di pienezza. Nessun sfruttamento. Ognuno ha. Una differente possibilità. Quanto ci è necessario questo insegnamento, per le nostre politiche finanziarie, per le nostre forme contrattuali del lavoro, per le nostre attività. Forse come il figlio minore, non ce ne accorgiamo fintanto che non cadiamo nell’indigenza. E allora, solo allora (!?), ci risvegliamo dal torpore egoistico e valutiamo l’altro non come un salariato bensì come un uomo che abita la stessa casa del Padre mio (Fratelli tutti, p. Francesco). Il creato.

Di umanità. Suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò Ritrovare la dirompente imbelle forza di un abbraccio, di un bacio, di una materna passione. La compassione (Lc nel vangelo ce la scrive come un’azione femminile-materna), quella nostalgia fondamentale di empatia, per accorgersi che l’egoistico generalizzante autocentramento, raccolte tutte le sue cose, che aveva portato ad una bestialità distruttiva, è sciolto dall’amare di un uomo. La maternità di Dio Padre (papa Giovanni Paolo I).

Il padre-materno sempre pronto a correre per la gioia della festa. Abbracci e baci nel silenzio di un perdono, accreditato fin dalla partenza, quando ancora era lontano, accreditato fin da quando “Sei tu che mi hai estratto dal grembo materno, mi hai protetto fin dal seno di mia madre; a te mi sono appoggiato fin dalle viscere materne, dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio”. (Sal 22,10-11) Abbracci e baci per sentire nella carne veramente la prossimità di Dio, la prossimità dell’umano.

E c’è chi contesta. C’è chi contesta questo amore a prescindere, questa grazia a prescindere ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). Il figlio maggiore. Concentrato sul “suo” piccolo capretto, mai ottenuto, in antagonismo al “vitello grasso”, preclude lo sguardo sull’apertura e la permanente attesa di incontro del padre. la pochezza rispetto all’abbondanza. La piccineria rispetto alla grandezza del cuore. La rivendicazione rispetto alla longanimità. La bellezza della festa per l’altro stimola il mio odio e lo voglio distruggere, non voglio partecipare. Russia, Ucraina…

La bellezza di un ritorno alle libertà dei popoli, mi infastidisce, non voglio accettare. Distruggo.

E il padre mi abbraccia, mi bacia, mi ricostruisce nella bellezza di una festa. In casa sua c’è abbondanza.

IV domenica di quaresima -laetare-

anno c

dmc 27.03.2022

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:

Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te. (Lc 15,18)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo

Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.


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